31 MAGGIO 2021
di Maria Anna Avveduto
NAPOLEONE
Centenario dalla morte del grande
Napoleone Bonaparte
Il 5 maggio scorso si è ricordata la ricorrenza dei duecento anni dalla
morte del grande imperatore Napoleone Bonaparte.
Napoleone nacque ad Ajaccio in Corsica il 15 agosto del 1769 e scomparve per
l'appunto il 5 maggio del 1821 all'isola d'Elba, dove venne mandato in
esilio.
Generale dell'Esercito francese e protagonista della prima fase della storia
contemporanea detta "Età Napoleonica".
Napoleone nacque da una piccola famiglia della nobiltà italiana, studiò in
Francia dove divenne Ufficiale di Artiglieria e Generale durante la
Rivoluzione Francese.
Famoso per le sue vittorie ottenute durante la campagna d'Italia, dopo il
colpo di stato del 9 novembre 1799, assunse il potere in Francia divenendo
Primo Console dal novembre de 1799 al maggio del 1804 e Imperatore dei
francesi con il nome di Napoleone I dal 2 dicembre del 1804 al 14 aprile del
1814 e da 20 marzo al 22 giugno 1815.
Fu anche presidente della Repubblica Italiana dal 1802 al 1805, fu Re
d'Italia dal 1805 al 1814, mediatore della Confederazione svizzera dal 1803
a 1813 e protettore della Confederazione del Reno dal 1806 al 1813.
Napoleone Bonaparte era anche un grande uomo di guerra.
Fu protagonista di oltre venti anni di campagne in Europa.
Considerato dallo storico militare Basil Liddell Hart, il più grande
stratega della storia mentre lo storico Evgenij Tàrle non esita a definirlo
"l'incomparabile maestro dell'arte della guerra" e "il più grande dei
grandi".
Governò gran parte dell'Europa continentale grazie al suo sistema di
alleanze e a una serie di brillanti vittorie contro le potenze europee.
Napoleone controlla numerosi Regni tramite le persone fedeli a lui: Girolamo
Bonaparte in Vestfalia, Giuseppe Bonaparte in Spagna, Gioacchino Murat nel
Regno di Napoli, Jean-Baptiste Jules Bernadotte nel Regno di Svezia e Luigi
Bonaparte nel Regno d'Olanda.
La sua riforma del sistema giuridico confluita nel Codice Napoleonico pose
le basi per il moderno diritto civile.
La disastrosa campagna di Russia avvenuta nel 1812, segnò il tramonto del
suo dominio sull'Europa.
Napoleone venne sconfitto nel 1813 nella battaglia di Lipsia dagli alleati
europei.
Il 4 aprile del 1814 abdicò e fu esiliato nell'isola d'Elba.
Nel marzo dell'anno successivo, ovvero il 1815, Napoleone abbandona
furtivamente l'isola e sbarca a Golfe Juan nei pressi di Antibes.
Rientrò successivamente a Parigi senza incontrare particolare opposizione e
riconquistò il potere per il periodo detto dei "cento giorni" finchè non
venne sconfitto a Waterloo il 18 giugno del 1815.
Trascorse gli ultimi giorni della sua vita in esilio all'isola di Santa
Elena che era sotto il controllo dei britannici.
Dopo la sua caduta, il congresso di Vienna, ristabilì in tutta Europa la
formazione dei vecchi regni prima dell'epoca napoleonica.
Napoleone fu il primo regnante della dinastia dei Bonaparte.
Nel 1796 sposò Giuseppina di Beauharnais e l'11 marzo del 1810 sposò in
seconde nozze l'arciduchessa Maria Luisa d'Austria, dalla quale ebbe l'unico
figlio legittimo, Napoleone Francesco, detto il re di Roma, che nacque nel
1811 e morì nel 1832.
Napoleone il cui vero cognome era Buonaparte, cambiò il suo cognome in
"Bonaparte" dopo la morte del padre Carlo Maria, pochi giorni prima di
sposare Giuseppina e partire per la campagna d'Italia, per renderlo più
adatto alla lingua francese.
Si laureò all'Università di Pisa come avvocato e face delle ricerche
araldiche per ottenere presso i lontani parenti di San Minato la patente di
nobiltà che gli conferisse prestigio in Francia e gli permettesse
un'istruzione migliore per i suoi figli.
La sua nobiltà però era già certificata nell'atto di battesimo.
Carlo Maria Bonaparte, padre di Napoleone, morì prematuramente a Montpellier
il 24 febbraio del 1785 a causa di un tumore dello stomaco.
La madre di Napoleone era Maria Letizia Ramolino, discendente da nobili
toscani e lombardi e si sposò con il padre Carlo Maria a 14 anni mentre il
marito ne aveva 18. La coppia formata da Carlo Maria e Maria Letizia ebbe 13
figli, di cui solo otto sopravvissero: oltre Napoleone anche i fratelli
Giuseppe, Luciano, Luigi e Girolamo; le sorelle Elisa, Paolina e Carolina.
Lo stesso Napoleone disdegnò in più occasioni tali ascendenze illustri
affermando che voleva essere fondatore e non discendente di tale nobiltà.
I due genitori combatterono nella guerra fra i corsi e i francesi e Maria
combatté anche quando era incinta di Napoleone, suo secondo figlio.
A cinque anni venne iscritto in un asilo d'infanzia in Francia.
Fu grazie al titolo nobiliare ottenuto in Toscana che il padre Carlo poté
iscriversi al Libro della nobiltà di Corsica.
E solo grazie a tale iscrizione all'età di nove anni, il giovane Napoleone
fu ammesso alla Scuola reale di Brienne-le-Château in Francia.
Napoleone inizialmente non si considerava francese e si sentiva a disagio in
un ambiente dove i suoi compagni di corso erano in massima parte provenienti
dalle file dell'alta aristocrazia transalpina.
Il 22 settembre 1784 fu ammesso per grazia dell'ispettore militare Reynaud
des Monts, alla Regia Scuola Militare di Parigi fondata da Luigi XV su
consiglio di Madame de Pompadour.
Nel 1785 tentò di passare in Marina ma in seguito all'annullamento degli
esami d'ammissione di quell'anno, passò in artiglieria.
Ottenne quindi la nomina a sottotenente a soli 16 anni e fu distaccato il 1º
settembre 1785, presso un reggimento d'artiglieria di stanza a La Fère come
sottoluogotenente, sotto gli ordini del barone du Teil per assumere la
luogotenenza pochi mesi dopo presso un reggimento di stanza a Valence nel
sud-est della Francia.
In quei tempi si innamorò prima di Caroline, figlia di Anna du Colombier e
in seguito di Louise-Marie-Adelaide de Saint-Germain, in entrambi i casi
venne rifiutato.
La sua prima relazione fu con una prostituta.
Nel 1787 tornò a Parigi poi viaggiò in Corsica e infine raggiunse il
reggimento ad Auxonne.
Frattanto il giovane Napoleone continuava a detestare segretamente la
Francia e i francesi e a coltivare la causa dell'indipendenza della Corsica
Allo scoppio della rivoluzione nel 1789, Napoleone ventenne e ormai
ufficiale del re Luigi XVI, riuscì a ottenere una lunga licenza grazie alla
quale poté ritornare al sicuro in Corsica.
Una volta stabilitosi qui si unì al movimento rivoluzionario dell'isola
assumendo il grado di tenente colonnello della Guardia Nazionale.
Nel 1791 si innamorò di Manesca Pillet ma venne rifiutato e dopo essere
stato per alcuni mesi a Auxonne venne inviato nel 4º reggimento
d'artiglieria a Valence con il grado di primo luogotenente.
Nel gennaio del 1792 si candidò come tenente colonnello e venne eletto per
poi venire retrocesso momentaneamente al rango di capitano.
Rischiò anche di essere considerato disertore a causa dei suoi continui
viaggi in Corsica.
Nel frattempo in Corsica infuriava la guerra civile scoppiata nel 1793.
Napoleone fu accusato di tradimento e inseguito da un mandato di arresto
emesso dalla Convenzione nazionale il 2 aprile 1793.
Nel febbraio 1793 Napoleone comandò i 350 uomini dell'11º battaglione verso
l'isola della Maddalena in Sardegna.
Napoleone fuggì rapidamente ad Ajaccio e di lì riparò con l'intera famiglia
accusata di tradimento.
Il 12 settembre 1793 giunse al quartier generale di Cartaux e in sole sei
settimane riorganizzò le forze per l'assedio alla città, preparò 100 pezzi
di grosso calibro e raccolse vari ufficiali competenti.
Il 1º dicembre viene nominato dal generale Dugommier aiutante generale.
Riuscì a conquistare il forte dell'Eguillette chiamato la piccola
Gibilterra, e dopo gli altri forti nel dicembre 1793, liberò il porto di
Tolone dai monarchici e dalle truppe inglesi che li appoggiavano. Secondo
Chateaubriand, in questa occasione il giovane Napoleone si macchiò di
massacri spietati contro la popolazione.
Tolone fu il suo primo clamoroso e avventuroso successo militare, che gli
valse la nomina a generale di brigata il 22 dicembre e l'attenzione del
futuro membro del Direttorio Paul Barras, che lo aiuterà poi nella
successiva scalata al potere.
La sua amicizia con Augustin de Robespierre, fratello di Maximilien, prima
lo liberò dagli arresti in casa cui era stato costretto nel 1794 e poi lo
fece cadere in disgrazia.
Venne arrestato con l'accusa di spionaggio e poi liberato.
Le sue avventure galanti lo portarono a sedurre Louise Gauthier, moglie di
un deputato, e a fidanzarsi, il 21 aprile 1795, con Désirée Clary.
La fortuna però girò dalla sua a parte quando il 5 ottobre del 1795, Barras
lo nominò all'improvviso, comandante della piazza di Parigi con l'incarico
di salvare la Convenzione nazionale dalla minaccia dei monarchici.
Con l'aiuto di Gioacchino Murat al comando della cavalleria, Napoleone colpì
spietatamente i rivoltosi scongiurando un nuovo colpo di Stato.
In seguito al brillante successo, Barras lo nominò generale del Corpo
d'armata dell'Interno.
Nel marzo del 1796, Napoleone sposò Giuseppina Tascher de La Pagerie vedova
Beauharnais, già moglie di un ufficiale ghigliottinato dopo la rivoluzione.
Due giorni dopo fu costretto a partire per Nizza per assumere il comando dei
38.000 uomini dell'Armata d'Italia.
Il generale diede il via a un'operazione militare.
Molto magro, il viso scavato, lo sguardo freddo dei grandi occhi grigio
azzurro, i capelli lunghi sulle spalle e il volto "sulfureo", il generale,
cupo e spigoloso, descritto come "un matematico o un visionario"[50], impose
la sua autorità, dimostrò la sua risolutezza, impressionò i suoi generali
subordinati e predispose la rapida attuazione dei suoi ambiziosi piani di
guerra.
Il 12 aprile 1796 cominciava la prima campagna d'Italia che avrebbe portato
alla luce il genio militare e politico del generale Napoleone Bonaparte che
nonostante l'inferiorità numerica e logistica riuscì a sconfiggere
ripetutamente le forze austriache, venete e piemontesi. Questi successi
affascinarono anche il grande compositore Ludwig Van Beethoven, che dedicò
al giovane generale la sinfonia n. 3, "l'Eroica". Poi successivamente
stracciò la dedica indignato dal fatto che Napoleone si fosse proclamato
imperatore.
Il generale Napoleone per sconfiggere i due eserciti nemici, impiegò per la
prima volta la cosiddetta "strategia della posizione centrale" e la campagna
di Montenotte portò continue vittorie all'Armata d'Italia.
Le forze austriache e piemontesi vennero battute a Cairo Montenotte e altri
luoghi mentre i piemontesi vennero sconfitti nella Battaglia di Mondovì
chiamata anche "Battaglia della Bicocca di San Giacomo" o "Presa di San
Michele".
Il 10 maggio 1796 sbaragliò l'ultima difesa austriaca nella battaglia di
Lodi, rientrando poi a Milano quattro giorni dopo.
Il 16 maggio venne insediata a Milano l'Amministrazione Generale della
Lombardia.
Costretto il Piemonte all'armistizio e occupata Milano, Napoleone ricevette
dal Direttorio i pieni poteri sull'Armata d'Italia e si preparò al compito
più difficile: sconfiggere l'esercito austriaco.
Dopo una serie di scontri parziali gli eserciti francese e austriaco si
fronteggiarono.
Quella di Castiglione delle Stiviere fu la prima grande battaglia diretta da
Napoleone, il quale dimostrò il suo genio tattico ribaltando a proprio
favore una situazione che pareva compromessa e conquistando una delle più
importanti vittorie della sua carriera militare.
Nel 1796 si costituì la Legione Lombarda prima forza armata composta da
italiani ad adottare quale bandiera di guerra il Tricolore di colore verde,
bianco e rosso.
Le forze austriache, comandate dall'arciduca Carlo d'Austria, intimorite
dalla rapida marcia di Napoleone verso Vienna, dovettero accettare una
tregua.
La Francia acquisiva i Paesi Bassi e la riva sinistra del Reno. Gli
austriaci inglobavano i territori della Repubblica di Venezia. Terminava
così, la campagna d'Italia con una secca sconfitta dell'Austria.
Nel corso della campagna d'Italia, Napoleone manifestò la sua brillante
capacità strategica, in grado di assimilare le nuove teorie innovative dei
pensatori militari francesi e applicarle magistralmente sul campo. Ufficiale
di artiglieria per formazione, utilizzò i mezzi d'artiglieria in modo
innovativo come supporto mobile agli attacchi della fanteria.
Alcuni dipinti mostrano che Napoleone fu il primo al mondo in un teatro di
guerra ad utilizzare un sistema di telecomunicazioni basato su linee di
segnalazione realizzate dal telegrafo ottico di Chappe.
Durante la prima campagna d'Italia furono numerose le opere d'arte che
vennero cedute alla Francia come spoliazioni militari.
Nel 1798 il Direttorio, preoccupato per l'eccessiva popolarità e per il
notevole prestigio di Bonaparte, gli affidò l'incarico di occupare l'Egitto
per contrastare l'accesso inglese all'India e quindi per danneggiarla
economicamente.
Napoleone aveva da anni accarezzato l'idea di una campagna in oriente,
sognando di seguire le orme di Alessandro Magno ed essendo dell'idea che
«L'Europa è una tana di talpe. Tutte le grandi personalità vengono
dall'Oriente».
La spedizione cominciò il 19 maggio, quando Napoleone salpò da Tolone con
una Armata composta da oltre 60 navi da guerra, 280 navi da trasporto,
16.000 marinai e 38.000 soldati.
Presa Malta, dove i Cavalieri Ospitalieri capitolarono senza combattere,
Napoleone arrivò in Egitto. Dopo un'importante vittoria nella battaglia
delle piramidi, Napoleone schiacciò i mamelucchi di Murad Bey ed entrando a
Il Cairo divenne padrone dell'Egitto.
Pochi giorni dopo, il 1º agosto 1798, la flotta di Napoleone in Egitto fu
completamente distrutta dall'ammiraglio Horatio Nelson, cosicché Napoleone
rimase bloccato a terra.
Ritornato a Il Cairo, Napoleone sconfisse il 25 luglio 1799 un esercito di
oltre diecimila ottomani guidati da Mustafa Pascià ad Aboukir.
Preoccupato delle terribili notizie che giungevano dalla Francia, Napoleone,
lasciato il comando al generale Kléber, s'imbarcò in gran segreto il 22
agosto alla volta della Francia.
Il 9 ottobre 1799 Bonaparte sbarcò a Fréjus e la sua corsa verso Parigi fu
accompagnata dall'entusiasmo dell'intera Francia.
Fatta trapelare la falsa notizia di un complotto realista per rovesciare la
repubblica, Napoleone riuscì a far votare al Consiglio degli Anziani e al
Consiglio dei Cinquecento una risoluzione che trasferisse le due Camere
fuori Parigi a Saint-Cloud.
Napoleone fu nominato comandante in capo di tutte le forze armate, e ciò fu
messo in atto per evitare che durante il colpo di Stato qualche deputato
potesse sollevare i cittadini parigini per difendere la Repubblica dal
tentativo di Napoleone.
L'intenzione di Napoleone era quella di portare le due Camere a votare
autonomamente il loro scioglimento e la cessione dei poteri nelle sue mani.
Non fu così: il Consiglio degli Anziani rimase freddo al discorso e mentre
quando Napoleone entrò nella sala del Consiglio dei Cinquecento i deputati
gli si lanciarono contro chiedendo di votare per rendere Bonaparte
fuorilegge, cosa che voleva significare l'arresto e la ghigliottina.
Nel momento in cui sembrava che il colpo di Stato fosse prossimo alla
catastrofe, a soccorrere Napoleone giunse il fratello Luciano, che nelle
vesti di presidente dei Cinquecento uscì dalla sala e arringò le truppe
schierate all'esterno ordinando che disperdessero i deputati contrari al
fratello.
Memorabile il momento in cui puntò la sua spada al collo di Napoleone e
dichiarò: «Non esiterei un attimo a uccidere mio fratello se sapessi che
costui stesse attentando alla libertà della Francia».
Le truppe formate in gran parte dai veterani delle campagne di Napoleone con
al comando suo cognato, il generale Charles Victoire Emmanuel Leclerc ed il
futuro cognato Gioacchino Murat, entrarono con le baionette inastate e
dispersero i deputati. In serata, le Camere venivano sciolte e fu votato il
decreto che assegnava i pieni poteri a tre consoli: Roger Ducos, Sieyès e
Napoleone.
I tre consoli redassero una nuova costituzione.
Fattosi nominare Primo Console, ossia concretamente superiore a qualsiasi
altro potere dello Stato, Napoleone ricostruiva la Francia con una struttura
amministrativa fortemente accentratrice che è rimasta tale fino a oggi: la
Francia veniva frazionata in dipartimenti, distretti e comuni,
rispettivamente amministrati da prefetti, sottoprefetti e sindaci.
Le casse dello Stato venivano risanate dalle conquiste di guerra e dalla
fondazione della Banca di Francia, nonché dall'introduzione del franco
d'argento che poneva fine all'era degli assegnati e dell'inflazione.
La lunga lotta contro il Cattolicesimo si concludeva con il Concordato del
1801.
Napoleone istituì i licei e i politecnici per formare una classe dirigente
preparata e indottrinata ma tralasciò l'istruzione elementare essendo
dell'idea che il popolo dovesse rimanere in una certa ignoranza per
garantire un governo stabile e un esercito ubbidiente.
Il consolato di Napoleone divenne «a vita» e si aprì la strada
all'istituzione dell'Impero napoleonico.
Durante l'esilio a Sant'Elena, Napoleone sottolineò più volte che la sua
opera più importante sarebbe stata il suo "codice civile".
Il Codice napoleonico legittimò alcune delle idee illuministiche e
giurnaturalistiche, fu esportato in tutti i paesi dove giunsero le armate di
Napoleone, fu preso a modello da tutti gli Stati dell'Europa continentale e
ancora oggi è la base del diritto italiano.
Istituita l'11 agosto 1799, la commissione incaricata di redigere il codice
civile fu presieduta dallo stesso Napoleone il quale ne leggeva le bozze
durante le campagne militari e inviava a Parigi dal fronte le sue idee sul
progetto.
Il 21 marzo del 1804 entrò in vigore il Codice Civile, immediatamente
ribattezzato Codice Napoleonico.
Il Codice era stato però pensato e redatto soprattutto per valorizzare gli
ideali della borghesia
Per l'Italia il valore del Codice napoleonico fu fondamentale, poiché esso
fu portato negli stati creati da Napoleone e confluì poi nel codice civile
italiano del 1865. Di eguale valore e importanza sono anche gli altri
codici: quello di procedura civile, emanato nel 1806, quello del commercio
del 1807, quello di procedura penale del 1808 e il codice penale del 1810.
La sera del 10 ottobre 1800 Napoleone, mentre assisteva a un'opera al
Théatre de la République, sarebbe dovuto cadere sotto le pugnalate di
quattro sicari ma il complotto fu sventato all'ultimo momento grazie a una
soffiata che consentì alla polizia di intervenire arrestando i quattro
attentatori proprio in teatro. L'evento passerà alla storia con il nome di
congiura dei pugnali.
La notte di Natale del medesimo anno, poco dopo l'attentato programmato al
teatro, Napoleone, la moglie e il suo seguito scamparono miracolosamente a
un attentato esplosivo scatenatosi in Rue Saint-Nicaise a Parigi mentre si
recavano all'Opera.
Napoleone ne approfittò per mettere fuori legge i giacobini e disperdere i
monarchici.
Nel marzo 1804, per dare un segnale forte ai Borbone, Napoleone fece
catturare il duca di Enghien legato alla famiglia reale esiliata che fu
ingiustamente accusato di cospirazione contro il Primo Console e fucilato
subito dopo.
L'evento destò l'indignazione di tutte le corti europee per l'arrogante
violazione della sovranità di uno stato estero da parte della Francia e per
la sorte riservata al povero duca, e conferì un'ombra negativa all'immagine
europea del Bonaparte, alla quale invece l'allora Primo Console teneva
moltissimo.
Durante l'assenza di Napoleone impegnato in Egitto, i francesi erano stati
ripetutamente battuti in Italia e in Germania dagli austriaci e dai russi.
Il 6 maggio del 1800 Napoleone assunse il comando della cosiddetta "Armata
di riserva", destinata a essere trasferita in Italia per rovesciare le sorti
della guerra. Il Primo console guidò con grande abilità strategica la marcia
del suo esercito; valicò le Alpi al passo del Gran San Bernardo e colse di
sorpresa gli austriaci impegnati nell'assedio di Genova. Il nemico venne
rapidamente battuto nella battaglia di Montebello,mentre Napoleone rientrò a
Milano.
Il 14 giugno 1800 si combatté la decisiva battaglia di Marengo.
Fu la più famosa delle battaglie napoleoniche in Italia, aspramente
combattuta e dalle conseguenze decisive.
La pace in Italia venne sancita con il trattato di Lunéville.
Nel 1802 Napoleone venne proclamato Presidente della Repubblica Italiana,
titolo che conserverà sino al 17 marzo 1805 quando assumerà quello di Re
d'Italia.
Nel 1802 Napoleone vendette una parte del Nord America agli Stati Uniti come
parte dell'Accordo sulla Louisiana.
Dopo che Napoleone ebbe allargato la sua influenza alla Svizzera e agli
stati tedeschi, una disputa su Malta fornì all'Inghilterra il pretesto per
dichiarare guerra alla Francia e fornire sostegno ai monarchici francesi che
si opponevano a Napoleone.
Divenuto console a vita, Napoleone era in pratica sovrano assoluto della
Francia. Il 18 maggio 1804 il Senato lo proclamò Imperatore dei francesi.
Il 2 dicembre del 1804, nella cattedrale di Notre-Dame a Parigi, fu
celebrata la cerimonia di incoronazione. Napoleone si auto-incoronò
imperatore dei francesi e quindi incoronò imperatrice sua moglie Giuseppina
di Beauharnais.
Al contrario di come si sostiene solitamente, Napoleone non prese la corona
dalle mani del Papa che pure presenziò senza partecipare direttamente alla
cerimonia, su volontà dell'imperatore stesso.
Il 26 maggio del 1805 Napoleone fu incoronato Re d'Italia a Milano
In questa occasione Napoleone, postosi sul capo la corona imperiale, fatta
realizzare per l'occasione, pronunciò le famose parole: "Dio me l'ha data,
guai a chi la tocca".
Rinasceva in Francia la monarchia.
Napoleone non era «re di Francia e di Navarra per grazia di Dio», come
citavano le formule dell'Ancien Régime, ma «Imperatore dei francesi per
volontà del popolo», anche se i documenti ufficiali mantenevano una formula
di compromesso.
Nel 1808, sfruttando i contrasti nella famiglia reale spagnola tra il re
Carlo IV e il figlio, Napoleone costrinse entrambi ad abdicare e mise sul
trono di Spagna il fratello Giuseppe Bonaparte, facendola così entrare
direttamente nell'orbita dell'Impero francese.
Contemporaneamente le truppe francesi invadevano e conquistavano il
Portogallo.
Dal 1810 l'aspetto fisico di Napoleone cambiò e la sua salute comincio a
declinare; il trascorrere del tempo e l'enorme impegno di governo e
amministrazione dell'Impero cominciarono a logorarlo; ben diverso dallo "scaramouche
sulfureo"[132], magro, con i capelli lunghi sulle spalle, cupo e ombroso
della giovinezza, egli aumentò di peso, i capelli tagliati corti si
diradarono, il viso si fece pieno e il colorito livido; i lineamenti si
rilassarono. Pur mantenendo nel complesso una grande lucidità intellettuale
e una tenace risolutezza, egli episodicamente mostrò un decremento delle sue
capacità di concentrazione e di decisione. Disuria e gastralgia si fecero
più frequenti.
Nel 1810, l'Europa era definitivamente ridisegnata secondo il volere
napoleonico. I territori sotto il diretto controllo francese si erano
espansi ben oltre i tradizionali confini pre-1789; il resto degli Stati
europei era o suo satellite o suo alleato. Il regno d'Italia era
nominalmente governato da Napoleone ma retto dal viceré Eugenio di
Beauharnais, figlio di primo letto della moglie di Napoleone, Giuseppina.
Dopo la pace di Schönbrunn, Napoleone e l'austriaco Metternich si erano
accordati per un matrimonio di Stato. Il 14 dicembre 1809, Napoleone
divorziò da Giuseppina di Beauharnais, la moglie certo infedele ma
amatissima.
Il 1º aprile 1810 Napoleone sposò la figlia dell'imperatore d'Austria, Maria
Luisa, nipote di Maria Antonietta, la regina decapitata durante la
Rivoluzione, il che provocò non poche polemiche in Francia.
Con questo matrimonio l'Austria si era legata a Napoleone, il che portava
alla creazione di un'alleanza pressoché indissolubile. Napoleone ebbe un
erede legittimo da Maria Luisa, nato dopo un parto difficile il 20 marzo
1811.
Tuttavia l'erede dell'Impero, Napoleone Francesco, detto il re di Roma
(Napoleone II), non salì in realtà mai al trono: Napoleone fu detronizzato
pochi anni dopo e Napoleone II morì successivamente a soli 21 anni.
Il 12 aprile presso il Castello di Fontainebleau, Napoleone tentò il
suicidio ingerendo una forte dose di arsenico conservato in una fialetta che
l'imperatore si era procurato dopo la sconfitta in Russia, ma
miracolosamente venne soccorso e salvato dai suoi collaboratori che
chiamarono i medici in tempo.
Dopo un memorabile addio alla Vecchia Guardia, Napoleone subì il dramma
della fuga quando, attraversando la Francia del sud, fu costretto a
indossare un'uniforme austriaca per non finire linciato dalla folla.
Imbarcatosi precipitosamente a Marsiglia sulla fregata inglese HMS Undaunted
comandata da Thomas Ussher, il 4 maggio 1814 sbarcò all'isola d'Elba, dove
il nemico aveva deciso di esiliarlo, pur riconoscendogli la sovranità
sull'isola con il rango di principe e la conservazione del titolo di
imperatore.
Stabilitosi a Portoferraio, volle abitare presso la Palazzina dei Mulini,
alla quale fece aggiungere un piano, e che dominava la suggestiva rada ove
poteva osservare le navi in entrata e uscita dal porto.
Come residenza di campagna scelse la Villa di San Martino. A Portoferraio
volle raggiungerlo la madre, che prese dimora in una piccola abitazione nel
centro storico. Soggiornò inoltre presso il dormitorio annesso al Santuario
della Madonna del Monte, dove lo raggiunse occasionalmente la madre –che
soggiornava temporaneamente a Marciana– e in seguito la contessa Maria
Walewska insieme al loro figlioletto Alexandre.
Nei dieci mesi di esilio Napoleone non rimase inoperoso, ma costruì
infrastrutture, miniere, strade, difese, mentre il Congresso di Vienna che
doveva disegnare la nuova Europa della Restaurazione ipotizzava di esiliarlo
nell'oceano.
Furono mesi febbrili, che trasformarono un'isola assonnata nel centro
culturale e politico del tempo: poeti, artisti, spie e uomini di mondo
accorsero nella speranza di visitare quello che era stato l'uomo che aveva
tenuto l'Europa in pugno. Molti trovavano ospitalità nelle residenze
signorili della città e altri all'Auberge Bonroux. Non vennero mai a
trovarlo, invece la moglie ed il figlio, il piccolo Re di Roma.
Anche se impegnato nei lavori all'Elba, Napoleone continuava a ricevere
segretamente notizie della situazione francese tramite alcuni telegrafi
ottici dislocati sulle alture dell'isola. Il nuovo sovrano, Luigi XVIII
Borbone, era inviso alla popolazione: nel solco della Restaurazione, Luigi
stava lentamente smantellando tutte le conquiste della Rivoluzione Francese
mantenute da Napoleone.[160] Queste notizie, aggiunte alla voce ormai certa
che i nemici fossero prossimi a trasferirlo lontano dall'Europa, portarono
Napoleone ad agire. Approfittando dell'assenza del commissario inglese sir
Neil Campbell, recatosi a Livorno, Napoleone lasciò l'Elba il 26 febbraio
1815, salutato dalla popolazione di Portoferraio, con una flotta di sette
bastimenti e circa mille uomini al seguito.
L'imperatore eluse la sorveglianza della flotta inglese e il 1º marzo 1815
sbarcò in Francia nel golfo di Cannes, a Golfe Juan, vicino ad Antibes:
cominciava il periodo che sarà noto come i «Cento giorni».
La popolazione lo accolse con un entusiasmo sorprendente e gli eserciti
inviatigli contro da Luigi, invece di fermarlo, si unirono a lui.
Fu prima la volta del 5° di linea di Grenoble: Napoleone mosse incontro ai
soldati dell'esercito borbonico e gridò: «Chi vuole sparare al suo
imperatore è libero di farlo». Successivamente passarono dalla sua parte gli
eserciti guidati da Charles de la Bédoyère e dal maresciallo Ney, che in
precedenza aveva promesso enfaticamente a Luigi XVIII che avrebbe condotto
Napoleone a Parigi «in una gabbia di ferro». Entrambi i generali pagheranno
con la fucilazione la defezione dall'incarico ricevuto. Il 20 marzo
Napoleone entrò trionfalmente a Parigi, mentre Luigi era fuggito in gran
fretta verso Gand su suggerimento di Talleyrand, che al Congresso di Vienna
spinse le teste coronate a riprendere la spada contro l'imperatore.
Riorganizzato rapidamente l'esercito, Napoleone chiese ai nemici nuovamente
coalizzatisi la pace, con la sola condizione di mantenere il trono di
Francia: la sua richiesta non venne accettata.
Per evitare una nuova invasione del suolo patrio, Napoleone fece la prima
mossa, entrando di sorpresa in Belgio, dove erano schierati l'esercito
britannico e l'esercito prussiano. Il suo piano prevedeva una manovra su due
ali che avrebbero diviso e sconfitto separatamente i prussiani e i
britannici prima che, superiori di numero, potessero congiungersi.
Napoleone compì alcuni errori tattici e sbagliò nella scelta dei
luogotenenti, rinunciando al maresciallo Louis Nicolas Davout, lasciato a
Parigi, e affidandosi a Grouchy, inesperto di incarichi di comando, e a Ney,
famoso per ardimento, ma non per la sua intelligenza tattica, il cui
comportamento inutilmente avventato fu fra i fattori determinanti della
disfatta.
A Napoleone fu chiesto di abdicare su pressione alle Camera dal potente
Fouchè. Napoleone accettò e chiese che venisse rispettata la sua volontà di
porre sul trono all'età giusta suo figlio Napoleone II, anche se tale
richiesta fu invana.
Le forze nemiche, viceversa, entrarono a Parigi e rimisero sul trono Luigi
XVIII. Napoleone si rifugiò al castello di Malmaison, la vecchia casa dove
aveva abitato con la prima moglie Giuseppina, morta da poco.
La sua intenzione era di fuggire negli Stati Uniti, ma rifiutò di
travestirsi come sarebbe stato necessario per sfuggire alla cattura, perché
ciò avrebbe infamato il suo onore.
Invece il 15 luglio 1815 Napoleone si arrese agli inglesi salendo a bordo
della nave HMS Bellerophon.
Condizione della consegna era la deportazione in Inghilterra o negli Stati
Uniti, ove intendeva vivere soggetto al diritto comune e con lo status di
privato cittadino; nel caso avesse ottenuto il permesso di soggiornare in
America, le sue intenzioni erano quelle di diventare un famoso scienziato e
studioso di fenomeni naturali, ma purtroppo le cose per lui andarono in modo
totalmente diverso. Il capitano Maitland, in rappresentanza del principe
reggente, arrestò Napoleone venendo in parte meno alla parola datagli: con
la promessa di poter continuare a vivere in una semplice casetta di campagna
in territorio inglese, Napoleone effettivamente venne accontentato ed
ottenne un domicilio in territorio britannico; condotto dalla nave da
battaglia HMS Northumberland, il 15 ottobre 1815 Napoleone venne sbarcato
prigioniero ed esiliato a Sant'Elena, una piccola isola nel mezzo
dell'oceano Atlantico, ancora oggi possedimento britannico, così remota e
sperduta da rendere impossibile ogni tentativo di fuga.
Con un piccolo seguito di fedelissimi,Napoleone fu trasferito nel villaggio
interno di Longwood dove visse fino al decesso.
Sull'isola Napoleone ebbe la libertà di muoversi a suo piacimento sebbene
fosse costantemente sorvegliato a vista da un piccolo contingente militare
inglese; anche se non subì alcun processo o condanna, l'ormai ex imperatore
si trovò praticamente a scontare un ergastolo in un posto lontano e
sconosciuto.
Napoleone dettò le sue memorie ed espresse il suo disprezzo per gli inglesi,
personificati nell'odiosa figura del "carceriere" sir Hudson Lowe.
Sulla base dei suoi ricordi, espressi in lunghe conversazioni quasi
quotidiane, il conte de Las Cases scrisse "Il Memoriale di Sant'Elena" e
nella seconda metà dell'aprile 1821 redasse egli stesso le sue ultime
volontà, e molte note a margine.
I dolori allo stomaco di cui già soffriva da tempo, acuitisi nel clima
inospitale dell'isola e con il duro regime impostogli, lo condussero alla
morte il 5 maggio 1821 alle ore 17:49. Le ultime parole di Napoleone furono
Francia, esercito - capo dell'esercito - Giuseppina.
Egli chiese di essere seppellito sulle sponde della Senna ma fu invece
seppellito a Sant'Elena presso Sane Valley, come stabilito già l'anno prima
dal governo inglese.
Il governatore Lowe e i suoi uomini gli tributarono gli onori riservati ad
un generale.
Il 19 luglio 1821 Napoleone Bonaparte morì.
Cominciarono subito a diffondersi ipotesi alternative sulla morte di
Napoleone, frutto di teorie del complotto. Seppur accreditate non
smentiscono la veridicità della causa della morte per tumore allo stomaco.
Il 2 agosto 1830, nove anni dopo la morte di Napoleone, il re Carlo X di
Borbone fu costretto ad abdicare e la corona venne concessa a Luigi Filippo
d'Orléans.
La statua dell'imperatore fu restaurata sulla colonna di Place Vendôme e vi
furono richieste del rientro in patria delle spoglie mortali.
Il figlio cadetto del re, il Principe di Joinville, venne incaricato di
riportare le spoglie dell'imperatore in Francia e questi diresse una
spedizione a Sant'Elena per riportare la salma a Parigi.
Il 15 ottobre 1840 per opera di una commissione venne riesumata la salma che
si rivelò intatta, vestita nell'uniforme di colonnello dei Cacciatori della
Guardia.
Ricomposto il corpo in una bara di ebano, l'imperatore cominciò il suo
viaggio di ritorno in Francia sulla Belle-Poule, arrivando a Cherbourg il 2
dicembre, salutato dalle salve di cannone del forte e delle navi militari
presenti.
Il 15 dicembre 1840 ebbe luogo il funerale solenne a Parigi, celebrato con
tutti gli onori del rango imperiale. Disposto il feretro su di un carro
trainato da 16 cavalli, scortato dai Marescialli di Francia Oudinot e
Molitor, dall'ammiraglio Roussin e dal generale Bertrand, a cavallo, sui
quattro lati, il corteo funebre passò sotto l'Arco di Trionfo, tra due file
di insegne con l'aquila imperiale, salutato dalle salve di cannone e accolto
dalla famiglia regnante in nome della Francia.
Il generale Bertrand che aveva fedelmente accompagnato Napoleone all'Elba e
a Sant'Elena, venne incaricato dal re di porre la spada e il copricapo
dell'imperatore sulla bara, ma non vi riuscì per l'emozione e fu sostituito
dal generale Gourgaud.
Più tardi, nel 1843, Giuseppe Bonaparte inviò il gran collare, il nastro, e
le insegne della Legion d'onore che suo fratello aveva indossato.
I resti di Napoleone riposano in un monumento posto in una cripta a cielo
aperto ricavata nel pavimento della chiesa di Saint-Louis des Invalides a
Parigi, esattamente sotto la cupola dorata.
Il monumento concepito dall'architetto Louis Visconti venne terminato nel
1861 e consiste in un grande sarcofago di porfido rosso della Finlandia che
contiene le sei bare entro cui è stato chiuso il corpo di Napoleone: dalla
più interna alla più esterna abbiamo una bara in lamiera e poi una in
mogano, due bare in piombo, una in ebano e l'ultima in legno di quercia.
Intorno al sarcofago c'è un loggiato circolare decorato con enormi statue
raffiguranti dodici Vittorie.
Il trasferimento dalla cappella di Saint-Jérôme, dove era stata deposta la
salma nel 1840, alla cripta nella sala centrale della chiesa di Saint-Louis
des Invalides venne effettuato con cerimonia non pubblica il 2 aprile 1861
alla presenza dell'imperatore Napoleone III.
La maschera funebre è conservata invece presso l'Accademia degli Euteleti a
San Miniato in provincia di Pisa, città dalla quale la famiglia Bonaparte fa
risalire le proprie origini.
Il calco sull’originale venne eseguito dal medico còrso Antommarchi e dal
medico inglese Francis Burton.
All'interno della cripta è presente anche la tomba del figlio di Napoleone,
Napoleone Francesco, il cui corpo fu qui trasferito da Adolf Hitler nel 1940
dalla Cripta dei Cappuccini di Vienna, dov'era sepolto come tutti i membri
della casa d'Austria, come dono al popolo di Francia dopo l'occupazione
all'inizio della seconda guerra mondiale.
Napoleone ebbe un solo figlio legittimo, il già citato Francesco Napoleone
Francesco nato nel 1811 e morto nel 1832, avuto dalla seconda moglie Maria
Luisa d'Asburgo-Lorena (1791 – 1847).
Tuttavia, sono noti per certo almeno due figli illegittimi: Carlo, conte
Léon nato nel 1806 e scomparso nel 1881, avuto da Luisa Caterina Eleonora
Denuelle de la Plaigne (1787 – 1868), lettrice della principessa Carolina
Bonaparte, già sposata a Jean-Honoré François Revel e da questi divorziata
pochi mesi prima della nascita di Carlo; Alessandro Floriano Giuseppe, conte
Colonna-Walewski, (1810 - 1868), avuto da Maria Laczynska (1786 – 1817),
giovane polacca, moglie dell'anziano conte Attanasio Colonna di
Walewice-Walewski, meglio nota con il nome di Maria Walewska, della quale
Napoleone fu sinceramente innamorato.
Inoltre è stato scritto che il filosofo, giornalista e uomo di stato
francese Jules Barthélemy-Saint-Hilaire nato nel 1805 e morto nel 1895 fosse
figlio illegittimo di Napoleone Bonaparte, ma non vi è alcuna certezza
storica in merito.
Le onoreficenze ricevuta da Napoleone sono numerose, ricordiamo: "Gran
Maestro e Grand Aigle dell'Ordine della Legion d'Onore", "Grand Maitre
dell'Ordine dei Tre Tosoni d'Oro", "Grand Maitre de l'Ordre de la Reunion",
"Gran Maestro e Gran Dignitario dell'Ordine della Corona Ferrea", "Gran
Maitre dell'Ordine delle Palme Accademiche", "Cavaliere dell'Ordine
dell'Aquila Nera",
"Cavaliere dell'Ordine dell'Aquila Rossa", "Cavaliere di Gran Croce
dell'Ordine di Luigi d'Assia", "Cavaliere dell'Ordine di Sant'Andrea",
"Cavaliere dell'Ordine Imperiale di Sant'Aleksandr Nevskij", "Cavaliere di I
Classe dell'Ordine di Sant'Anna", "Cavaliere dell'Ordine del Toson d'Oro",
"Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine di San Giuseppe,"Cavaliere di Gran
Croce dell'Ordine Imperiale di Leopoldo","Cavaliere di Gran Croce
dell'Ordine dell'Aquila Bianca","Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Virtuti
Militari", "Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Fedeltà", "Cavaliere
di Gran Croce dell'Ordine della Corona del Württemberg", "Cavaliere di Gran
Croce dell'Ordine della Corona Fiorata","Cavaliere di Gran Croce del Reale
Ordine delle Due Sicilie", "Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine di
Santiago", "Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Leone e del Sole",
"Cavaliere dell'Ordine di Sant'Uberto", "Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine
Reale di Santo Stefano d'Ungheria", "Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine
della Corona di Vestfalia", "Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine
dell'Unione"; "Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Reale di Spagna",
"Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Spagnolo di Carlo III", "Cavaliere
dell'Ordine dell'Elefante",
"Cavaliere dell'Ordine dei Serafini", "Cavaliere de Gran Croce del Reale
Ordine di San Giorgio per la Difesa dell'Immacolata Concezione","Cavaliere
de Gran Croce del Reale Ordine di San Giorgio per la Difesa
dell'Immacolata", "Commendatore dell'Ordine al Merito della Corona
Bavarese", "Commendatore dell'Ordine al Merito della Corona Bavarese".
Molti scrittori gli dedicarono delle opere e poesie: Ugo Foscolo gli dedicò
nel 1797 la lode "A Bonaparte liberatore", nel 1802 "Orazione a Bonaparte
nel congresso di Lione" e tra il 1821 e il 1827 "In morte di Napoleone";
Vittorio Alfieri nel 1799 gli dedicò "Il Misogallo", Victor Hugo gli dedicò
"I miserabili", Lev Tolstoj nel 1869 gli dedicò il romanzo "Guerra e pace",
Alexandre Dumas nel 1846 gli dedicò "Il conte di Montecristo" e Ryoko Ikeda
nel 1987 gli dedicò "Eroica - La gloria di Napoleone".
Il 19 luglio 1821, alla notizia della morte di Napoleone, Alessandro Manzoni
compose la celebre ode "Il cinque maggio" che ebbe una forte risonanza in
tutta Europa e fu tradotta in tedesco da Johann Wolfgang von Goethe.
«Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
così percossa, attonita
la terra al nunzio sta,»
«muta pensando all'ultima
ora dell'uom fatale;
né sa quando una simile
orma di pie' mortale
la sua cruenta polvere
a calpestar verrà.»
(da Il cinque maggio di Alessandro Manzoni)
Anche il cinema ne è rimasto affascinato dalla figura del grande e mitico
imperatore: "Il granatiere Roland" di Luigi Maggi del 1911; "Napoleon and
Josephine" di Alexander Butler del 1924; "Napoleone" di Abel Gance del 1927;
"Sant'Elena" di Lupu Pick; "Campo di maggio" di Giovacchino Forzano del
1935; "Maria Walewska" di Clarence Brown del 1937; "Il nemico di Napoleone"
di Carol Reed del 1942; "Sant'Elena, piccola isola" di Renato Simoni del
1943; "Napoleone" di Carlo Borghesio del 1952; "Désirée" di Henry Koster del
1954; "Napoleone Bonaparte" di Sacha Guitry del 1954; "La battaglia di
Austerlitz" di Abel Gance del 1960; "I grandi camaleonti" di Edmo Fenoglio,
sceneggiato tv del 1964; "Waterloo" di Sergej Fëdorovič Bondarčuk del 1970;
"Napoleone e le donne", miniserie tv in otto puntate del 1974;"Napoleone a
Sant'Elena", sceneggiato tv di Vittorio Cottafavi del 1973; "Napoleone e
Giuseppina", miniserie tv di Richard T. Heffron del 1987; "I vestiti nuovi
dell'imperatore" di Alan Taylor del 2001; "Napoléon", miniserie tv di Yves
Simoneau del 2002; "Monsieur N." di Antoine de Caunes del 2003; "N (Io e
Napoleone)" di Paolo Virzì del 2006.